martedì 14 gennaio 2014

Il primo appuntamento (2)

"Allora consegnami i tuoi slip."

C'erano molte parole con cui potevo pungere Patty. "Masturbazione" funzionava benissimo, "Ditalino" era ottima, "Porcellina" non la lasciava mai indifferente. "Slip" però aveva tutta un'altra carica, per Patty era facile accettare le torture psicologiche, non si trattata veramente di esporsi, ero sicuro che semplicemente si godesse i miei insulti, sentendo la sua eccitazione salire.

Ma parlare degli slip era quel passo avanti che dovevo costringerla a fare.

Istintivamente si mise le mani sull'elastico dei pantaloni della tuta e cominciò a torcerlo. "Come faccio?"

"Non è difficile. Hai anche su i pantaloni giusti."

Guardò fuori dal finestrino. A spiarla una strada che sicuramente non conosceva, un paio di automobili, dei passanti. In particolare accanto a noi un grosso SUV con dentro un corpulento uomo annoiato.

"Dovrei togliermi i pantaloni e le mutande???"

Era bello vederla girare la testa intorno, come un animaletto in trappola, ma anche per valutare quali occhi avrebbero potuto sbirciare nella mia macchina.

Rimasi inflessibile, mi comportai da padrone. Stavo finalmente entrando nella parte la mia eccitazione aumentava. "Comincia a toglierti le scarpe."

Probabilmente per prendere tempo, Patty ubbidì. Si chinò e si slacciò le scarpe da tennis, togliendosele e lasciandole sotto il sedile. Li però si fermò, tornando a tormentare l'elastico dei pantaloni, come cercando il coraggio di fare da sola. Era un coraggio che non le chiedevo, a me bastava obbedisse. "Adesso ci vorrà un attimo a togliere i pantaloni della tuta."

Tornò a guardare fuori, mentre affiancavo e superavo una station wagon con dentro una famiglia intera. Per la prima volta cercò i miei occhi. "Ti prego! Mi vedranno!" Il suo ansimare si era fatto insistente come il suo piagnucolare.

Tenni gli occhi sulla strada, assunsi un'inflessione paterna, come per convincerla che i suoi erano capricci. "Non ti vedrà nessuno. Chi vuoi che mi guardi in macchina? Siamo in strada e non mi fermerò da nessuna parte. Non ho intenzione di infilarmi dentro il traffico."
Provò nuovamente a dire "Ti prego" ma finalmente capì che non c'era niente da fare.Chiuse gli occhi e si abbassò i pantaloni, togliendoseli e lasciando anche loro in fondo al sedile. Indossava degli slip bianchi di cotone assolutamente anonimi, il suo gioco per continuare ad apparire una ragazzina banale era stato giocato fino in fondo. In realtà speravo vivamente avesse su qualcosa del genere.
Chiuse le cosce e ci mise sopra le mani, i suoi sguardi fuori dal finestrino si fecero molto più frequenti.

Aspettai un semaforo rosso per potermi girare verso di lei e tendere la mano. "Ora consegnami gli slip."

Mantenne l'espressione supplice, forse accennò anche a piangere, ma ormai era troppo oltre per poter cambiare idea. Afferrò le mutandine ai lati e cominciò a tirarle giù. Mentre lo faceva, sempre rigorosamente a occhi chiusi, al semforo rosso ci si accostò una macchina, un'utilitaria con a bordo una ragazza giovane, sui 25 anni. Anche se non la osservai a fondo mi piace pensare che comprese il gesto di Patty, capì cosa stava facendo, anche se naturalmente non poteva immaginare perché. Spero anche che vide le mutandine, mentre Patty le teneva in mano e me le passava. Quando le ebbi scattò il verde, ripresi a guidare tenendole in mano, contro il volante.

Patty si osservava i piedi, le gambe serrate, le mani sul pube, il culetto nudo e stretto sul sedile. Rimase così per un poco, come in castigo, non aveva più nemmeno il coraggio di controllare fuori dal finestrino. Alla fine piagnucolò. "Posso rimettermi i pantaloni?"

Aspettai che la domanda si fosse persa nell'abitacolo prima di rispondere. "Assolutamente no, con tutti i capricci che hai fatto meriti di rimanere un po' passerina al vento. E togligli le mani da davanti."

Deglutendo e fremendo, Patty lasciò cadere le mani lungo i fianchi e attese nuove disposizioni.




domenica 5 gennaio 2014

Il primo appuntamento (1)

Mi limitai a dire a Patty che la sarei venuta a prendere fuori da scuola. Le indicai semplicemente dovrei avrei parcheggiato, naturalmente non davanti al suo liceo, ma in una via leggermente distante, così che avremmo potuto vederci senza farci notare. Non le imposi nessun modo di vestire né nient'altro, non feci niente per renderle la cosa difficile, immaginavo che già era complicato per lei accettare quello che stava facendo quindi feci in modo di non porle ostacoli, per paura che li prendesse come scuse per negarsi.

Quando la vidi venirmi incontro lungo la via la riconobbi subito. La cosa che mi eccitò maggiormente fu l'aura di assoluta normalità che aveva addosso. Era una semplice ragazzina che tornava svogliata da scuola. Non c'era nulla di anomalo, morboso o erotico nel suo modo di fare o nel suo atteggiamento, se l'avessi lasciata proseguire sulla sua strada sarebbe rimasta una scolara qualsiasi, se l'avessi fermata avrebbe sceso un altro gradino verso la sottomissione sessuale. Sentivo sotto le dita il bivio che io stesso avevo creato.
Le feci i fari, sapevo qual'era la scelta giusta per lei.

Non le dissi nulla mentre saliva in macchina, mi limitai a indicarle di mettere lo zaino sui sedili dietro. Era vestita estremamente sportiva: scarpe da tennis, pantaloni della tuta grigi, maglietta giallo limone e felpa della tuta grigia aperta sopra. Era quasi sciatta, forse cercava di dirmi, col suo aspetto, che non era d'accordo con quello che stava accadendo. A me non importava, la mia Patty, quella nuda delle foto, quella col faccino gocciolante sperma, era ben visibile sotto quell'abbigliamento.

"Ciao." provò a dire, forse per far sembrare quell'incontro normale.

Non avviai la macchina, la via era deserta, perfetta per scambiare quattro chiacchiere. "Ciao, tutto bene?"

Scrollò le spalle. "Si, si."

"Secondo le mie disposizioni sono tre giorni che non ti masturbi, giusto?"

La sorpresi. Probabilmente non si aspettava che l'umiliazione sarebbe ripresa così in fretta. Cominciò ad avere il respiro pesante di vergogna, come al telefono. "Si."

"E' meglio così di quando ti toccavi tutti i giorni, non credi?"

Fissò con ancor più decisione i suoi piedi. "Io... ci sono stati periodi..."

Le presi il viso, due dita delicatamente sotto il mento. Il contatto la fece gemere, ma lo accetto. Le girai la faccia verso di me, costringendola a guardarmi. "Scommetto che hai anche il viso meno sciupato. Prima secondo me avevi certe occhiaie da ditalino..."

Rimase a fissarmi, non osava contrastare il mio gesto. Mi sorrise, completamente in panico, poi rispose come la sua indole la ispirava "Hai ragione, grazie..."

La lasciai andare e misi in moto. Si irrigidì contro il sedile mentre la macchina partiva. Evidentemente, mentre eravano fermi, sentiva la possibilità di una fuga, ma una volta in viaggio sapeva che sarebbe rimasta intrappolata con me, anche considerato che non aveva la minima idea di dove stessimo andando.

Guidai in silenzio per un po'. Naturalmente tutti quei tempi d'attesa erano deliziosi. Personalmente, per eccitarmi, mi bastava ascoltare il respiro di Patty, leggermente affannato, veloce, irregolare, un respiro che dopotutto non si discostava molto da quello che aveva mentre si masturbava.
Portai la macchina su strade trafficate che però, secondo me, lei non conosceva. Finalmente, a un semaforo rosso, decisi di esporle il gioco. "Bene porcellina, mi sei sempre ubbidiente, vero?"

Anche il nome porcellina contribuiva ad aumentare la sua tensione, motivo per cui mi ero ripromesso di chiamarla sempre così. Deglutì e poi, non senza sforzo, disse l'ennesimo: "Si."

"Allora consegnami i tuoi slip."



mercoledì 1 gennaio 2014

Abitudini

Mi divertii a trasformare le masturbazioni telefoniche di Patty in una specie di routine. Ogni tanto la avvertivo via SMS e lei si faceva trovare la notte a letto, pronta. Prima di cominciare mi divertivo sempre a chiederle dettagli sua sua vita sessuale, sicuro che non potesse mentirmi. Non mi confessò mai rapporti completi, ma c'era un ragazzo con cui si vedeva con cui passava molto tempo a baciarsi e palparsi, un paio di volte c'era scappato anche un pompino. In realtà farle confessare queste cose mi divertiva relativamente, erano le confidenze che mi facevano sentire maggiormente un guardone e la cosa mi metteva a disagio. Non mi interessava vivere a rimorchio della sessualità di Patty, volevo farne parte e anche se quella era solo questione di tempo, ormai, sentire delle sue altre frequentazioni era squallido.
Tutt'altro discorso, invece, per quello che riguardava i ditalini. Quell'argomento mi interessava molto perché mi ero ormai fatto idea che Patty si masturbasse sempre pensando a me. Quindi, ogni volta che chiamavo, mi interessavo particolarmente a quante volte si fosse messa le mani fra le gambe nei giorni precedenti. Saltava sempre fuori che Patty non riusciva a far passare giorno senza toccarsi e poiché si imbarazzava terribilmente a dirlo, di solito la costringevo a raccontarmi i dettagli di come avesse fatto, di dove si trovasse e di che pensieri avesse per la testa. Da questi piccoli raccontini non usciva niente di particolare, Patty si toccava solo nell'intimità del suo lettino o sotto la doccia, ma non per questo farglielo dire era meno divertente.
Vista la sua "costanza" alla fine mi venne lo sghiribizzo di vietarle ti toccarsi, tra una nostra telefonata e l'altra. Le dissi che non doveva più farlo e che, se proprio proprio non riusciva a trattenersi, doveva avvisarmi di aver trasgredito via SMS.
La prima volta resistette, ma quando la sentii poi ci mise veramente poco a venire, ansimando come un sub che ha finito l'ossigeno. La seconda volta cedette, ma mi mandò l'SMS, così per punizione la sera stessa annunciai uno dei nostri incontri telefonici. Mi feci raccontare il ditalino e poi la feci spogliare nuda, prima della masturbazione.
Quando ebbe finito, visto che sapevo che quello era il momento in cui era più a disagio, la tenni al telefono a chiedermi scusa, facendole ammettere che si era comportata male. Infine le chiesi, per il giorno dopo, una foto del suo sesso, ma fatta nei bagni della sua scuola, tanto per imbarazzarla una volta di più.
Il giorno dopo la foto arrivò puntuale alle undici di mattina, l'ora dell'intervallo, e da lì Patty non si fece più ditalini fuori programma, ma imparò a godersi appieno i momenti con me, da scolaretta diligente.
Quindi la nostra divenne una routine consolidata e sicura, che piaceva a entrambi. Fu proprio in quel momento che capii che dovevo alzare il tiro. Una notte aspettai che Patty venisse e poi, mentre si riprendeva lentamente dall'orgasmo le dissi. "Lo sai che dobbiamo incontrarci, vero?"
Gemette, ma rispose semplicemente "Si."

domenica 8 dicembre 2013

Buonanotte

Era giunto il momento di avvicinarmi maggiormente a Patty. Controllarla via SMS dava solo un'illusione di dominio, il filtro dei messaggini era troppo fitto per far passare abbastanza divertimento. Visto che volevo darle un po' di tempo prima di incontrarla, dovevano cominciare i giochi via telefono.
La mattina la svegliai (spero di averla svegliata) con questo SMS:
Ti telefonerò all'una di notte. Fatti trovare sveglia, ma già a letto
Rispose con un laconico OK e,v isto quello che avevo organizzato, me lo feci bastare.
Quando poi la notte la chiamai, pochi minuti dopo l'una, mi rispose dopo il primo squillo. Teneva la voce bassa e si capiva che stava con la testa sotto le coperte: "Pronto..."
"Ciao porcellina, come va?"
Esitò, sentivo il suo respiro nella cornetta, alla fine piagnucolò. "Non le hai fatte vedere a nessuno, vero?"
"Certo che no. Hai rispettato le regole e quindi non hai niente da temere. Non è difficile ubbidirmi, no?"
Un altro lungo silenzio. "Mi vergogno..."
"Quant'è che non ti masturbi, porcellina?"
"Dai...". Cercò di usare un tono particolarmente supplice, come per farmi pena, come per farmi capire che avrebbe fatto di tutto pur di chiudere quella conversazione. Immagino non avesse abbastanza malizia da sapere che era esattamente quello che mi aspettavo da lei.
"Rispondi alla domanda, porcellina."
"Ie...ri..."
Avrebbe potuto mentire, dopotutto non sapevo abbastanza di lei per capire un'inganno, invece confessò la realtà più imbarazzante disponibile: nonostante stessi distorcendo la sua sessualità con giochi morbosi, non riusciva a rinunciare a toccarsi. Probabilmente mi confessò la verità per lo stesso motivo: non riusciva a rinunciare al gioco in cui l'avevo coinvolta, non voleva barare. Le regole cominciavano a piacerle.
Era stata così brava che non infierii, lasciai passare l'informazione senza commentare, una specie di piccolo premio per il suo lato di brava bambina. "Cosa hai addosso?"
"Pigiama." Questa volte parlò rapidamente.
"Abbassati pantaloni e slip alle caviglie."
Non parlò, ma la sentii armeggiare. Sepolta sotto le coperte ogni suo movimento era un fruscio. Alla fine disse semplicemente. "Fatto."
Ancora una volta l'ordine doveva essere semplice, diretto, inequivocabile: "Masturbati fino all'orgasmo."
"Ma... adesso?"
"Non ti sarà così difficile, porcellina. E tieni sempre la bocca vicino al telefono..."
Smise di parlare, forse emise qualche gemito di imbarazzo, ma da quel momento solo fruscii. Inizialmente era difficile immaginare cosa stesse facendo, ma presto cominciai a capirla. Il mio, ritmato scorrere del braccio tra le lenzuola rappresentavano i primi approcci al suo sesso, le prime carezze. Il momento in cui tenne il respiro un paio di secondi fu quello in cui decise di peentrarsi. Da lì il fruscio tornò ad avere ritmo, mentre disordinati erano i gemiti che si lasciava sfuggire di bocca.
Fui tentato di darle ordini, dirle cosa fare, guidarla, ma poi pensai che per quello c'era tempo e che più facilmente si fosse abbandonata a quel momento, più facilmente l'avrebbe fatto in futuro, qualunque fosse la condizione che avessi deciso per lei.
Si tormentò per una decina di minuti, finché il suo respiro non si fece più profondo e i gemiti più incontrollati. Allora parve paralizzarsi, respiro e movimento, un attimo di silenzio perfetto, e poi cominciò a soffiare sul cellulare, come per sgonfiarsi. Infine rimase silenziosa, tranquilla, si sentiva solo la sua bocca aprirsi e chiudersi, come per dire qualcosa.
"Sei venuta, porcellina?"
"Si..." Già da quella semplice sillaba, si capiva che era sul punto di piangere.
Non volevo tirare troppo la corda. "Hai sonno?"
"Si..."
"Buonanotte..." Non avevo bisogno di nient'altro, chiusi la chiamata così che rimanesse sola, nel suo lettino, seminuda, umida e tremante. Consapevole che avevo ormai messo un piede nella sua intimità e non me ne sarei andato tanto in fretta.


mercoledì 4 dicembre 2013

Primo passo

A quel punto l'importante era avere pazienza e agire con cautela. Dovevo dimostrare a Patty che il gioco non l'avrebbe danneggiata eccessivamente, dovevo convincerla che poteva cavarsela con poco. In questo modo non avrei dovuto spingere troppo sulle minacce e lei si sarebbe trovata a eseguire gli ordini con sollievo. Nel farlo, contavo, il gusto della sottomissione l'avrebbe sedotta e a quel punto spingere oltre la relazione sarebbe stato un atto naturale per entrambi, dovuto quasi.
Così la lasciai dormire la sua prima notte da schiava senza darle nessuna idea su cosa volessi e poi, la mattina seguente, quando sapevo che era già a scuola, le scrissi un nuovo messaggio.
Ho già diverse foto tue, ma voglio che tu te ne faccia una per me solo. Nuda, in piedi, con lo zaino in spalla. E guai se ti copri qualcosa o nascondi il volto.
Lo zaino, in realtà, sarebbe stato frainteso come qualcosa di morboso, ma dal mio punto di vista aveva uno scopo preciso. Non volevo che Patty recuperasse qualche foto di lei che già aveva e me la mandasse. Ritrarsi per me doveva essere un compito impegnativo. Difficile che avesse già uno scatto con lo zaino. E poi che mi considerasse pure un po' maniaco e fissato, rendeva più credibile il mio ruolo.
Mi rispose all'intervallo, mi immaginai si fosse nascosta per scrivermi, ma ancora fu di poche parole.
Perché?
Patty voleva delle regole del gioco, delle garanzie su cui poggiare. Ma le regole gliele avrei dettate più avanti e garanzie non ne avrebbe mai avute. Risposi a tono.
Perché sei la mia nuova modella porno preferita. Non mi deludere. La voglio entro oggi.
Non replicò. Non mi aspettavo di dover dialogare ancora con lei come non mi aspettavo che avrebbe esaudito la mia richiesta troppo rapidamente. Eppure provai un brivido quando il mio cellulare squillò e la foto scese.
Era esattamente la foto che avevo chiesto io, Patty era in piedi, nuda, lo zaino in spalla, seno e pube ben esposti. Rispetto quanto avevo già visto il suo pube era perfettamente rasato.
Quello che più contava della foto, però, era la sua espressione: gli occhi sbarrati che guardavano lontano dall'obiettivo, il visino sbattuto di chi ha dormito male, le labbra tese, rese sottili da una smorfia di tensione.
Quella foto la stava umiliando, inevitabilmente, stava rendendo ufficiale la sua resa nei miei confronti. Ormai Patty mi apparteneva e ne era consapevole. Ma, cosa più importante, c'era un sottile calore, tangibile, che percorreva tutto il suo corpo, un impercettibile brivido sotterraneo che comunque già in quel semplice scatto mi sembrava di intuire: Patty si vergognava di quella foto anche perché nel farla doveva tenere a freno l'eccitaizone.
Le scrissi.
Molto brava. Sei deliziosa passerina al vento. Presto ti darò altri ordini.

Non rispose. Nemmeno per ringraziarmi dei complimenti.

martedì 3 dicembre 2013

Prima telefonata

Ho il tuo telefono e ho visto le tue foto nuda. Vuoi che le veda qualcun'altro?
Il mio primo contatto con Patty doveva essere deciso e diretto, perché l'immagine che doveva da subito farsi di me era di una persona con il controllo della situazione. Nonostante le scrissi solo le poche parole qua sopra le dovetti studiare a lungo, perché dovevano comunicare tutto quello che era necessario e non dovevano essere equivocate. Le mandai allo stesso numero della SIM che le avevo preso col telefono, confidando che l'avrebbe riattivata.
Ci mise un po' a reagire e, purtroppo, visto che lo fece con un messaggio, non potei avere riscontro del suo stato d'animo.
Chi sei?
 Per quanto la reazione potesse sembrare fredda, era la più logica anche se lei fosse stata in preda al panico. Portarmi allo scoperto, ignorare quello che dicevo, cercare di provocarmi. Ma anche, forse, semplicemente risolvere in fretta la questione di chi fossi.
La ignorai a sua volta, perché avevo comunque il controllo del gioco.
Sanno già tutti che sei una leccafighette?
Rispose nuovamente scomposta.
Ti prego. Chi sei?
A quel punto, per me, i messaggi non erano già più abbastanza.
Stanotte a mezzanotte ti chiamo. Rispondimi.
Nonostante non ebbi risposta all'ultimo SMS quella notte stessa la chiamai. Il telefono squillava, rispose dopo un paio di squilli. "No... no...". Ansimava in preda alla tensione e sembrava sul punto di piangere. Me l'immaginai, a partire dalle sue foto e mi innamorai del suo gemere. Pensai che non doveva essere molto diverso da quello che faceva durante il sesso.
"Hai capito la situazione?" le dissi, continuando a essere diretto, tralasciando i convenevoli.
"Si, si..." rispose lei, poi provò a mettere insieme delle frasi che si persero tra i suoi sospiri di panico.
"Sei una porcella, lo sai Patty? Una bambina sudicia."
Lei ebbe un paio di sussulti poi disse una sola parola. "Scusa..."
Quelle semplici scuse, ammissione sia di colpa sia della mia superiorità, mi fecero capire che, a istinto, Patty si stava già mettendo nella condizione in cui la volevo. Perché, dopotutto, era la condizione che voleva anche lei. Era un passo importante, era tutto quello che desideravo da quella prima chiacchierata.
"Riceverei SMS da questo numero. Ci saranno degli ordini. Li eseguirai o verrai punita."
Patty soffiò ancora nel cellulare, ansimò. Quel respirare a scatti che mi ricordava tanto la masturbazione. "Ti prego... io... si..."
Non aggiunsi altro e chiusi la chiamata.


 

domenica 1 dicembre 2013

La vocazione

E' sbagliato credere che tutte le ragazze possano essere sottomesse. Il grande paradosso delle slave è il fatto che sono state private della possibilità di scegliere cosa sia di loro a valle di una loro deliberata, incondizionata scelta. Senza questa scelta qualsiasi tipo di sottomissione è becera coercizione, una violenza disgustosa.

Allo stesso modo, non tutte le ragazze sottomesse possono dare soddisfazione. Vi sono ragazze che sono semplicemente in gara con sé stesse e hanno semplicemente bisogno di essere spinte oltre dei limiti che però loro non considerano nemmeno realmente limiti. Ci sono ragazze volgari che non vogliono realmente instaurare un rapporto intimo con un uomo, un rapporto a doppio filo, morboso, certo, ma anche psicologico, empatico, ma vogliono solo dipingere di bizzarro il sesso che fanno, spesso rotolando da sole nel ridicole e facendoci rotolare chi accetta di fare loro da padrone.

Tutto questo per spiegare che più studiavo Patty attraverso il suo cellulare più mi sembrava la schiava perfetta. Era una ragazza carina, ma non prorompente, se aveste dovuto fare la classifica delle ragazze più carine della sua classe forse sarebbe finita in quarta, quinta posizione, se aveste dovuto pescare le più "troiette" (anche in senso buono) di certo non l'avreste presa in considerazione.
Non era difficile immaginare Patty arrossire di fronte a un discorso sessuale troppo esplicito o troppo volgare  ed era certo che per quanto non si tirasse indietro nel fare sesso lo avrebbe fatto solo con qualcuno che considerasse fidanzato o a cui fosse pronta a dare una certa importanza, non certo col primo venuto.

Poi però c'erano le foto e il filmino. Le circostanze in cui erano state fatte quelle foto, le circostanze del piccolo lesbovideo potevano essere infinite, non bastavano a classificarla come esibizionista e non aveva senso che mi basassi su quello. Quello che era importante era quello che ci si vedeva, soprattutto nei pochi scatti in cui la si vedeva in volto.

Patty camminava su una linea sottile. Provava piacere in ciò che le succedeva, ma aveva paura di provarne di più. Eppure questa paura era parte integrante della sua eccitazione, era una delle sue principali fonti di godimento. Patty stuzzicava la superficie della normalità con la stessa sensualità con cui probabilmente si stuzzicava i capezzoli durante la masturbazione. Voleva andare oltre la normalità, voleva qualcosa di più, ma sapeva di non doverlo fare, così aveva finito con l'imparare a godere giocando su quel confine.

Le foto e i filmini rappresentavano i pochi passi che aveva mosso verso qualcosa di diverso. Dopo averli compiuti era sicuramente corsa subito indietro, incapace di andare avanti. Ma sarebbe potuta andare avanti se qualcuno l'avesse aiutata e in lei il desiderio di andare avanti si faceva ogni giorno più chiaro.

Aveva bisogno di me più di quanto io avessi bisogno di lei.